sabato 12 aprile 2008

La linea sottile tra "miseria" e "nobiltà".


Purtroppo, tutto diventa permesso se fatto in nome del denaro, tutto è più facile di fronte ad uno scenario fatto di disgregazione, di provvisorietà, governato da un movimento incessante schizofrenico di uomini automi, un incessante divenire che non ha però il carattere dell ‘essere, ma piuttosto del nulla, un tramonto senza alba. Ecco allora che ci si può lasciare senza rimpianto alle spalle resti di civiltà, di popoli, porzioni dì uomini e povertà. Su tutto il cimitero aleggia un dio cattivo e vendicativo, qualcosa da vecchio testamento (o da Corano), pronto a salvare i suoi figli e a punire con la potenza purificatrice del fuoco gli altri, ma anche pronto a dimostrare a tutti la sua magnanimità, Mc Donald’s, Nike, coca-cola, come manna dal cielo, ai meritevoli, e ai redenti col fil di spada. Il consumismo e il capitalismo sono le due grandi facce parallele di quel sistema che possiamo chiamare materialismo .Un prisma che ha per base il denaro e come coperchio il liberismo. Le due facce visibili, capitalismo e consumismo, sono ammantate dall’alone democratico, mentre nascoste, stanno le altre. Basta scorgersi poco più in la e accanto alla faccia del consumismo, troviamo quella dell’egoismo, e appena oltre, sta quella dell’uomo misero , non finita questa già s’intravede quella della povertà. Ci sono popoli che vivono ancora di caccia, di pesca e della raccolta di vegetali. Ne esistono ancora, anche se pochissimi e più smaliziati rispetto a quelli del passato, anche se il contatto con i popoli economicamente più sviluppati è tuttora molto limitato. Vivono in regioni quasi desertiche, in paesi, che una volta si chiamavano sottosviluppati. Pochissimi hanno la possibilità di andare a scuola, ciononostante imparano comunque molte cose, di solito dai loro genitori o parenti stretti. Si tratta di un sapere che noi non conosciamo e neppure immaginiamo, perché ha a che vedere con il procurarsi il cibo dalla natura, evitando i pericoli del loro ambiente. Non bisogna pensare che siano infelici. Dimostrano spesso una saggezza forse inattesa.
E’ un problema di giustizia, prima che di pace. Molto spesso si risponde in modo sentimentale e pietoso, ipocrita o distratto, difficilmente ne percepiamo la responsabilità, ancor meno ricerchiamo i colpevoli, persi come siamo alla ricerca del nostro equilibrio. Come rispondere a tutto questo? Bisogna aver il coraggio di trovare la forza e opporsi . Coraggio come qualità morale, di risveglio e di rinascita, coraggio nel vedere che l’orgia consumistica, lusso sfrenato e vanità smodata di consumo, oltre a dare una caratteristica amorale a noi stessi, ha un legame non ultimo con le povertà altrui. Le differenze fra popoli sviluppati e non sviluppati economicamente sono comunque culturali. A oggi, chiunque venga a contatto con popolazioni povere, nota una maggiore sensibilità nei comportamenti socio/ambientali e ci si accorge che l'ospitalità e l'accoglienza è maggiore rispetto ai paesi ricchi e industrializzati, i due filmati postati nel blog ne sono la prova evidente……

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Il materialismo, genere di vita che è la madre di tutte le guerre che poi vengono camuffate per guerre di religione o altro.
Un materialismo che amplifica i difetti che gli uomini hanno.
Noi siamo una micro parte dell'universo e solo col rispetto e senza l'arroganza di sentirci migliori possiamo sperare di sopravvivere.
NOI ABBIAMO BISOGNO DELLA TERRA, LA TERRA PUO' FARE A MENO DI NOI.
Parlano di progrsso ma si può chiamare cosi??
Siamo tornati indietro miliardi di anni e non facciamo nulla per cambiare, si preferisce andare dall'analista o riempirsi di farmaci contro la depressione anzichè cambiare stile di vita.
Papa Woityla è vissuto a lungo ed è caduto il comunismo, troppo poco per far cadere il capitalismo, cerchiamo di proseguire la sua opera.

Anonimo ha detto...

ciao Ros.
Mi piace molto il tuo commento che hai buttato giù, però quello che mi ha colpito di più sono i due filmati; il primo si può notare l’indifferenza, il menefreghismo e il divertimento della gente vedere il delfino che non riesce a riprendere il largo nessuno dicono nessuno ha mosso un dito per aiutare quel povero delfino.
Invece sul secondo ci sono passione e amore di poche persone di adulti e bambini che si sono dati anima e corpo per salvare quel bellissimo delfino e ci sono riusciti e un vero gesto d’insegnamento e di educazione verso quei turisti che riprendevano la morte di quel delfino come un trofeo.
Sai cosa dico che abbiamo ancora molto da imparare.
Ciao da gabry

Anonimo ha detto...

ros ti vorrei fare un plauso come migliora giornalista montiale sui delfini, non credevo e ti sengue quasi da sempre che potessi trovare tanti argomenti sui defini.
Felice di leggerli ogni volta che posti e sicuro che sono sempre interessanti.
Ti auguro che tu possa continuare per sempre a parlare di questi essere buoni ed indifesi, anche perchè oramai mi affascinano.
Certo che avrò occasione di leggere anche i commenti positivi dei tuoi amici mi auguro che tu possa fare una conferenza un domani per far si che oltre al blog si possa agire anche con i fatti.
Ti lascio e spero di riscrivere ma ti auguro tanta felicità grazie grazie grazie.
Lillo.

Anonimo ha detto...

Il tuo respiro aleggia nell'aria, come l'odore del passaggio di un onda... Da te si diffonde il profumo del rispetto, una forte sensibilità e una purezza innata di un animo nobile... Il tuo cuore è abbastanza grande, per accogliere con serenità proprio tutti.Hai riacceso in me quella sensibilità che da tempo avevo riposto in un cassetto , mi hai dato la speranza ,di continuare a credere in un mondo migliore. Cosa potrei aggiungere? Grazie per avermi accolto nella tua grande sfera della vita... Un abbraccio affettuoso... Ale

Anonimo ha detto...

Il disfacimento del corpo non ne è l'annientamento, ma è il modo in cui il corpo si porta stabilmente al di fuori dell'apparire dell'essere. La storia è il processo del comparire e dello sparire dell'eterno. La dialettica non è l'essenza dell'essere in quanto è, ma dell'essere in quanto appare. L'essere sopporta inalterato ogni aggressione della tecnica. Non ne resta in alcun modo intaccato, ma lascia apparire gli spettacoli dell'alienazione del senso dell'essere. Il nostro tempo è ormai tutto diventato un siffatto spettacolo. E' ormai persuaso di poter giungere a un illimitato controllo della creazione e dell'annientamento dell'essere. Ogni opera del nostro tempo è compiuta sul fondamento di questa persuasione e perciò essa è un condurre nell'apparire gli spettacoli dell'alienazione.Ciò che vediamo non è un annientamento dell'essere, ma soltanto il suo sparire dall'orizzonte dei fenomeni, il modo in cui l'essere si porta al di fuori del suo apparire. La tecnica si ritiene in grado di creare dal nulla le cose e distruggerle (riportare nel nulla), mentre non è in grado di intaccare minimamente l'esistenza eterna dell'essere, tutt'al più sarà in grado di intaccarne la possibilità della sua apparizione e sparizione sul palcoscenico del mondo sensibile.
L'atteggiamento alienato dell'uomo è quindi credere che le cose possano distruggersi, in realtà nulla può distruggersi in quanto il nulla non esiste. Sarebbe come se un uomo che chiudesse gli occhi affermasse di conseguenza che il mondo non esiste più. Il fatto di non percepire più l'ente, non significa che questi si sia dissolto.

l'esempio e' quello del sole che tramonta scomparendo alla vista. Il sole tramonta ma non si distrugge, come non si ricrea di nuovo nell'atto di sorgere il giorno dopo. L'essere è come il sole, esso si eclissa ma non si distrugge. Il senso della morte come distruzione di sé e della propria coscienza risponde alla fede che le cose possano distruggersi. In realtà è quantomeno impossibile affermare che la coscienza di sé si distrugge con la morte, visto che l'esperienza che l'uomo ha della morte è un esperienza di questo mondo. L'uomo non può affermare in base alla sola esperienza del mondo che con la morte l'anima e il corpo si distruggono, poiché egli non ha esperienza della morte. Detto questo, è chiaro che occorra dare un altro senso alla morte, non più distruzione di sé, ma eclissamento dalla dimensione umana. Il destino di ogni coscienza sarebbe quello di vincere l'isolamento della terra, in cui il dolore è isolato, secondo la scansione temporale, dalla gioia. Oltre l'isolamento temporale della terra, dopo la morte, ogni singola coscienza è destinata a sperimentare il superamento del dolore e di ogni altro stato terreno.MEDITATE E RIFLETTETE GENTE QUANDO POSTATE UNA DISCUSSIONE A VOLTE SI PUO' PARLARE SOLO PER CAMBIARE ARIA ALLO STOMACO E OSSIGENARE IL CERVELLO .IL VOSTRO SUPER SIMPATICO SIGNOR BIANCHI & ROSSI DOCENTE DI FILOSOFIA TEORETICA ALL'UNIVERSITA'DI .............VE LO DIRO' LA PROSSIMA VOLTA

Anonimo ha detto...

Quando l'ultimo albero sarà stato abbattuto,
l'ultimo fiume avvelenato, l'ultimo pesce pescato,
vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.

Anonimo ha detto...

ciao

Anonimo ha detto...

Io ho sempre notato e trovato in popoli meno sviluppati di noi una saggezza molto più profonda, nei loro volti leggo la serenità spirituale che spesso deve combattere con la fame e la sopravvivenza fisica. Chi vive di un "sapere" semplice e genuino riesce a godere meglio dei grandi valori, mentre noi siamo spesso alla ricerca di risposte per tranquillizzare quel senso di inquietudine che ci logora dentro. Quante albe non nascono! ma in realtà siamo noi che non le vediamo più...

Anonimo ha detto...

E' vero, purtroppo, nel mondo esiste la povertà ed il problema più grande è proprio quello di riuscire a parlare ed affrontare un argomento che definirei "difficile".
In un mondo dove gli esseri umani muoiono di fame, non si riesce a sensibilizzare i media e l'opinione pubblica sull'argomento.
La nostra società è generatrice di una cultura della ricchezza e del successo, pertanto questi modelli vengono promossi dai media.
In un epoca di grande consumismo, dobbiamo tornare a pensare con la nostra testa e guardare la realtà in faccia: probabilmente stiamo vivendo il più grande scandalo della storia di questo pianeta. Produciamo grandi ricchezze, ma, paradossalmente, creiamo tanta povertà. Il problema non è che manca la ricchezza, ma il fatto che essa viene utilizzata e distribuita male. Io credo che la soluzione al problema non può essere fare finta di niente, eclissarsi, ma invece cercare di porvi rimedio.

Anonimo ha detto...

Una società ricca ha paura di perdere quel che ha , si disinteressa o addirittura evita qualsiasi cosa possa mutare lo "status quo" ; mentre quella povera resta intressata , viva , desiderosa di conoscere perchè spera sempre di progredire . E' la differenza tra conservatorismo e progressismo.

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